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Massimo


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171 Messaggi

Inserito il - 05/07/2007 : 09:20:54 (6353)  Mostra Profilo Invia a Massimo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando



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n°80 anno IV | Luglio 2007


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CDO e Caso Calabria

In questa settimana i media hanno parlato delle vicende di Catanzaro come se ad agire in quelle vicende fosse la Compagnia delle Opere. Io, pur riscontrando in numerosi articoli ancor più numerose inesattezze, imprecisioni e falsità, ho evitato di intervenire a caldo per non aumentare il polverone, o per meglio dire il tritacarne generale cui stiamo assistendo, che rischia di infangare anche personalità di grande autorevolezza morale del tutto estranee ai fatti.

Innanzitutto vorrei chiarire cosa è la Compagnia delle Opere, sia come natura che come metodo. La CdO è una associazione di imprese che ha come scopo promuovere e tutelare la presenza dignitosa delle persone nel contesto sociale e il lavoro di tutti, nonché la presenza di opere e imprese nella società, favorendo una concezione del mercato e delle sue regole in grado di comprendere e rispettare la persona in ogni suo aspetto, dimensione e momento della vita. Il metodo è quello descritto dal nostro slogan “un criterio ideale, un’amicizia operativa”, che significa aiutarsi a fare meglio impresa, attraverso servizi fatti dagli stessi associati e una rete reale tra loro, in Italia come all’estero, cercando di richiamarsi all’ideale per cui si fa tutto (per noi l’Ideale cristiano), cominciando dal fatto che lo scopo dell’impresa non è il solo profitto, ma la ricerca del significato del vivere attraverso l’affronto della realtà e la costruzione di un bene che non è appena dell’imprenditore, ma della sua famiglia, del suo territorio, del suo Paese.

Quanto all’associazione, è vero che è anomala rispetto al panorama generale per un aspetto: non si qualifica come rappresentanza sindacale (l’unico contratto di lavoro firmato con le organizzazioni sindacali e depositato al Cnel riguarda maggiori tutele per i co.co.pro del non profit), ma per un servizio fatto agli imprenditori in termini di una maggiore autocoscienza dello scopo dell’opera e di una logica collaborativa e non darwiniana dell’impresa. Ma per gli aspetti giuridici e formali è uguale alle altre associazioni: le imprese non sono della Cdo, ma di chi le fa, e sono assolutamente autonome nella loro azione. La presidenza e gli organi dell’associazione non interferiscono nella gestione delle aziende, al pari di Confindustria, Confartigianato, Confesercenti, ecc.

La CdO non può dunque essere ritenuta in alcun modo responsabile di quanto ipotizzato dai mezzi di comunicazione in questi giorni. I media tendono spesso a rappresentarla come una lobby o una holding. Si tratta di una rappresentazione distorta e non corrispondente al vero. Se fosse vero che è una holding, essendo oltre 30.000 le imprese associate (di cui 1.400 non profit), come si farebbe a partecipare ad altrettanti consigli di amministrazione, anche solo per approvare i bilanci? Per quanto riguarda la lobby, i fatti dimostrano che abbiamo sempre e solo chiesto o proposto non favori per una azienda o un gruppo di aziende, ma interventi di sistema utili a tutti.

Per citare solo quelle degli ultimi anni: abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere un assetto di autonomia e di riconoscimento effettivo del non profit, dalla proposta della normativa sull’impresa sociale, al “più dai meno versi”, al sostegno al 5x1000; abbiamo chiesto la riforma di un mercato del lavoro statale inefficiente perché chi non ha lavoro possa trovarlo; abbiamo sempre chiesto liberalizzazioni vere, a partire dall’istruzione, non privatizzazioni. Abbiamo sempre chiesto un assetto di sussidiarietà (la petizione popolare proposta dalla CdO raccolse oltre un milione di firme e questo principio culturale venne introdotto nella Carta costituzionale), che è esattamente il contrario della clientela: dalla libertà di scelta nei campi del welfare alla fine dei contributi diretti (che hanno sempre caratteristiche di discrezionalità), sostituiti da un fisco più leggero e che premi chiunque investe, dalle famiglie che facendo figli investono sul futuro del Paese, alle imprese che investono in persone e in tecnologie e si capitalizzano. Esattamente il contrario di un assetto statalista e burocratico, che è l’origine della corruzione.

Con riguardo alla cronaca di questi giorni, invito tutti a partire dai fatti e dalla sostanza delle cose e non dalle opinioni a vario titolo espresse da protagonisti e commentatori. La Calabria è una terra in cui il Pil registra da anni un andamento negativo; una terra difficilissima in cui la disoccupazione è a livelli drammatici; una terra in cui l’oggettività del bisogno non trova risposte reali, al di là della retorica.

Allo stesso tempo è innegabile che Antonio Saladino, che non ricopre da anni cariche associative di CdO né in Calabria né a livello nazionale, e i suoi amici in questi anni abbiano dato risposte ai bisogni, creando lavoro, creando imprese che esistono, che occupano persone, anche usando fondi pubblici destinati a questo (semmai bisognerebbe andare a vedere chi ha preso fondi pubblici facendo imprese fantasma…). Come ha scritto il Foglio lo scorso mercoledì, in tutto questo e “da tutto quello che viene riportato, con la solita pigrizia moralistica, non emerge nulla non solo di criminale, ma nemmeno di censurabile”. Aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso, accertando eventuali responsabilità oggettive. Nel frattempo, anche se non ha cariche nell’associazione, esprimo la mia solidarietà a Saladino.

Non conosco tanti degli elementi delle vicende calabresi, né posso sapere quali saranno gli sviluppi. Quello che so per certo è che, comunque vada questa vicenda, tante persone ne usciranno distrutte innanzitutto umanamente, poi socialmente ed economicamente. Gli accusati come gli accusatori. Per quanto ci riguarda, continueremo a portare il nostro contributo al tessuto sociale e, quindi, al bene comune.

Raffaello Vignali (pubblicato su Il Sole 24Ore del 26/6/2007







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