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 Nedda & Neddu

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Gaetano Inserito il - 22/10/2013 : 14:23:45
Nedda

Nedda aspettava, ultima… Era una ragazza bruna, vestita miseramente; aveva quell’attitudine timida e ruvida che danno la miseria e l’isolamento. Forse sarebbe stata bella, se gli stenti e le fatiche non ne avessero alterato profondamente non solo le sembianze gentili della donna, ma direi anche la forma umana.
Ella faceva da manovale, quando non aveva da trasportare sassi nei terreni che si andavano dissodando; o portava dei carichi in città per conto altrui, o faceva di quegli altri lavori più duri.…. tutti i giorni, a raspar fra il gelo, o la terra bruciante, o i rovi e i crepacci, che quei piedi abituati ad andar nudi nella neve e sulle rocce infuocate dal sole, a lacerarsi sulle spine, o ad indurirsi sui sassi, avrebbero potuto esser belli.
Nessuno avrebbe potuto dire quanti anni avesse cotesta creatura umana; la miseria l’aveva schiacciata da bambina con tutti gli stenti che deformano e induriscono il corpo, l’anima e l’intelligenza. — Così era stato di sua madre, così di sua nonna, così sarebbe stato di sua figlia.

…Adesso, quando cercava del lavoro, le ridevano in faccia...
Dopo i primi rifiuti, e le prime risate, ella non osò cercare più oltre, e si chiuse nella sua casupola, al pari di un uccelletto ferito che va a rannicchiarsi nel suo nido.

Giovanni Verga, Nedda (1874)


Libertà

Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: - Viva la libertà! - Come il mare in tempesta.
La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano.
E il sangue che fumava ed ubbriacava.
Le falci, le mani, i cenci, i sassi, tutto rosso di sangue! - Ai galantuomini! Ai cappelli! Ammazza! ammazza! Addosso ai cappelli!

Ma il peggio avvenne appena cadde il figliolo del notaio, un ragazzo di undici anni, biondo come l'oro, non si sa come, travolto nella folla.

Suo padre si era rialzato due o tre volte prima di strascinarsi a finire nel mondezzaio, gridandogli: - Neddu! Neddu! - Neddu fuggiva, dal terrore, cogli occhi e la bocca spalancati senza poter gridare.

Lo rovesciarono; si rizzò anch'esso su di un ginocchio come suo padre; il torrente gli passò di sopra; uno gli aveva messo lo scarpone sulla guancia e glie l'aveva sfracellata; nonostante il ragazzo chiedeva ancora grazia colle mani. - Non voleva morire, no, come aveva visto ammazzare suo padre; - strappava il cuore! - Il taglialegna, dalla pietà, gli menò un gran colpo di scure colle due mani, quasi avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant'anni - e tremava come una foglia.

Un altro gridò: - Bah! egli sarebbe stato notaio, anche lui!

Giovanni Verga, “Libertà” in Novelle rusticane (1883)


Nedda e Neddu, a prescindere da qualsivoglia considerazioni storico-letterarie, sono due personaggi che transitano su due binari paralleli ma accomunati da un destino fin troppo tragico.

Si racconta che Giovanni Verga scrisse Nedda a Milano in soli tre giorni.
Nedda, l’ultima, ultima nel gradino della scala sociale, derisa, umiliata, abbandonata dal mondo anche nel momento più sacro della maternità.

Libertà invece fa esplicito riferimento alla rivolta di Bronte, sedata con la forza dai garibaldini di Nino Bixio.
Il sacrificio di Neddu si scoprirà inutile alla libertà invocata e perciò ancora più orrendo.

Nedda e Neddu, due personaggi senza tempo, che ancora oggi, se ci facciamo caso, con triste frequenza appaiono con altre identità sui nostri telegiornali.



http://www.classicitaliani.it/verga/novelle/verga_01_nedda.htm

http://www.iicshanghai.esteri.it/NR/rdonlyres/0CD81EE4-C9EC-4527-B19A-7C336B49FEA5/96995/GiovanniVerga_Libert%C3%A0.pdf

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