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V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Buccia |
Inserito il - 25/10/2011 : 18:01:01 OCCHIO MALOCCHIO. Esplorazioni in rete. IL MAGICO FASCINO DELL’ETNO-ANTROPOLOGIA.
(1) La credenza nel malocchio ha origini antichissime: da sempre si è creduto che certi umani o animali avessero il potere di gettare un incantesimo o di produrre effetti maligni attraverso lo sguardo. E non meno antica è la convinzione che tali emanazioni si possono neutralizzare con amuleti e talismani.
L’espressione “fare il malocchio” nasce dalla parola “jettura”, dal latino “jactare” cioè “gettare lo sguardo malefico sulle persone”. Con la parola jettatura in calabria si indica un complesso di calamità, emanate dall'occhio malefico o maligno; per cui non di rado è confusa col malocchio.
Però, fra Jettatura e Malocchio c’è una radicale differenza: la JETTATURA è quel tipo d’influsso consapevolmente esercitato da chi è in grado di emanarlo, sia per malvagità, sia per trarre dei vantaggi o per vendetta. Il MALOCCHIO è invece un’emanazione inconsapevole, irradiata sempre involontariamente. E’ quindi innescato sempre in modo non voluto. Anche l’AFFASCINO è involontario, e può provenire da un amico o da una lode pronunciata in buonafede, senza maligna intenzione; tant'è vero che possono vicendevolmente affascinarsi persone di una stessa famiglia.
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9 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
Buccia |
Inserito il - 11/04/2012 : 17:18:14 (10)
Non meno numerosi sono gli amuleti per gli animali domestici, che si pensa siano continuamente minacciati dagli esseri diabolici; anche per gli animali la protezione amuletica talvolta è preceduta o accompagnata da rituali suffumigi d’incenso e palma benedetti, con la recita di opportuni scongiuri. Gli animali sono ritenuti dotati di una particolare chiaroveggenza; specialmente i buoi e gli asini possono essere spaventati dagli spiriti maligni, che vengono percepiti meglio che dall'uomo. La necessità di tutelarli, induce i contadini a non lasciarli all’aperto, custodendoli nelle stalle e attaccando alle pareti immagini sacre o crocette di legno o di canne, o frusti di palma o rami di oliva benedetti.
Come i fanciulli, buoi e giovenchi, cavalli e asini sono adorni di nastri rossi e neri, che penzolano ai lati delle orecchie; i maiali portano al collo fettucce nere, oppure medaglie di santi protettori o «abitini» e «Giesu».
In Calabria il protettore del bestiame vaccino è San Nicola; quello dei maiali Sant’Antonio e quello dei bachi da seta San Giobbe. Nella bigattiera (locale attrezzato per l'allevamento dei bachi da seta) si usa attaccare un panno rosso (come si fa con la chioccia per la cova delle uova e la custodia dei pulcini).
A Laureana di Borrello è credenza che la stella del tre giugno abbia il dominio meteorico sui tre mesi estivi di giugno, luglio e agosto; per scongiurare il pericolo che il maltempo costituisce per i bozzoli, si usa circondare le canicci di jevolo (sambucus ebulus).
Nel territorio di Cosenza, le donne infilano un chiodo nella pezzuola che contiene i semi serici da covare. Il chiodo porta il nome di "aco" (della specie di quelli che i mulattieri di Aprigliano appendono contro il malocchio alla sonagliera delle loro cavalcature, specialmente quando le impiegano in un corteo nuziale). L’allevamento dei bachi a Nicastro è in relazione con i vangeli di San Marco e di San Luca; quando il sacerdote intona il Vangelo del primo, recita questi versetti: "U Vangelu secundu Marcu, U siricu s'ammattula" (cioè si rende abbondante); mentre quando recita il secondo, si segna dicendo: "Ccu lu Vangelu secundu Luca, U siricu s'affuca" (ossia si affoga). (...continua...)
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Buccia |
Inserito il - 25/03/2012 : 17:29:39 (9) Importante cura è quella di proteggere la casa dal fujettu (folletto), che s’immagina piccolo, indiscreto e amorevole, sebbene capriccioso e scherzoso. Il fujettu ha tratti comuni con il demone della casa greca e il lare di quella latina.
Il fujettu si crede frequenti di solito le case contigue abitate da sette famiglie con sette focolai. A Nicotera Marina per evitare le molestie che il folletto suole dare agli inquilini di una nuova casa, si legano con una fune i piedi posteriori di una sedia, come se fossero corna. Nella campagne e nei borghi, sull’arco della porta di ingresso delle case si vedono delle maschere, ora scolpite in pietra viva, ora plasmate in creta. In Calabria questo uso è antico, come risulta dalle maschere rinvenute negli scavi archeologici. In alcune maschere si sono aggiunte le corna, a intendere che il mostro del mascherone raffiguri il diavolo.
Talvolta le maschere sono sostituite: è facile vedere il pastore sospendere sull'ovile la testa ossea del proprio ariete, l’agricoltore le corna del proprio bue e il mugnaio il cranio dell’asino. (...continua...) |
Buccia |
Inserito il - 24/02/2012 : 15:18:19 (8) Generalmente, l’amuleto più usato contro la jettatura delle case è il ferro dell’asino o del cavallo, attaccato alla parete o alla porta; ma per svolgere la sua influenza deve essere trovato per caso, per terra.
Sul tetto delle abitazioni qualche boccale o qualche fiasco servono a proteggere la casa dai cattivi influssi.
La pianta coltivata contro il malocchio è la ruta, che secondo il proverbio «sette mali astuta ».
Nel territorio di Cosenza un amuleto diffusissimo, che si vede dipinto dappertutto sulle pareti delle case, sui mobili e sugli utensili, è l’8 e il 9, due numeri che riconducono alle tradizioni magiche greche. Per Plutarco e i Pitagorici «Il 9 è il primo quadrato fra tutti i numeri, originato dal tre caffo e perfetto, e l’8 è il primo cubo procedente da due, che è pari». L’8 e il e il 9 dei Consentini quindi altro non sarebbe che la trasformazione simbolica dell'oscenità pagana, che contro il fascinum soleva esibire il fallo con lo scroto; onde poi, l’otto e il nove: quest’ultimo in sostituzione del pene, e il primo in sostituzione dei testicoli.
(... continua) |
Buccia |
Inserito il - 25/01/2012 : 21:29:29 (7)
Carattere sacro hanno invece altri amuleti, sebbene essi siano comunque originati dal mondo pagano e pre-pagano.
Fra i tanti amuleti sacri, il «Giesu» (Gesù), formato da un sacchettino contenete alcune sostanze benedette: l'ulivo o la palma, l'incenso e il sale. Talvolta il «Giesu» si trova infilato nelle vesti battesimali.
A Ioppolo, per liberare qualcuno dal malocchio si ricorre ai suffumigi, accendendo attorno al corpo frusti di palma e d’ulivo e chicchi d’incenso benedetti.
A Cetraro contro il pericolo del malocchio si crede giovi una pietruzza raccolta in un crocevia, dopo l'ave. A Coccorino la stessa funzione la svolge il terriccio di un sagrato portato addosso, in un sacchettino; altrove, la pietra della Madonna: un ciottolo bucato che si rinviene presso un santuario.
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Buccia |
Inserito il - 26/11/2011 : 21:12:03 (6)
Contro la jettatura, un pò dappertutto, si adoperano la coda della volpe e i peli del cane, la chiavetta maschia e la mano di corallo, di osso o di oro.
Le madri, allontanandosi dalla culla dove riposa il loro piccolo, usano porgli accanto la scopa, convinte che nè il folletto (fujettu), nè le fate potranno colpire la loro creatura con le malie, dovendo prima contare i fili della scopa. A prevenire la scrofola (una forma di tubercolosi) si attacca nel mazzetto degli amuleti la branca di un crostaceo, preferibilmente del granchio,
Innumerevoli sono gli amuleti sanitari, tra cui le collane di corallo per il colore rosso, che si ritiene adatto contro l’itterizia.
Gli acini del corallo grezzo si portano addosso per regolare il corso naturale del ciclo mensile delle donne, e si crede impallidiscano in tali ricorrenze sulle donne che li portano. Nel territorio di Coccorino, un villaggio del monte Poro, i bambini in tenera età hanno sul petto e sul dorso un cordone nero; ed in altri portano al polso una fettuccia dello stesso colore.
Carattere terapeutico hanno i seguenti amuleti:
• la pietra del polipo (in vernacolo «a cacata d’u pruppu»), che dicesi si rinvenga sulle spiagge, fra i ciottoli trasportati dalle onde, e che, per la pupilla che raffigura, si strofina sulla palpebra, in caso di infermità oculare. I pescatori di Nicotera la portano incastonata nell’anello;
• la “pietra latteruola” (un grosso acino d’agata) che, come la precedente, si rinviene sulla spiaggia e che, per il capezzolo che porta impresso, si adopera dalle donne a favorire la secrezione del latte;
• la pietra aquilina (aquilinum), detta così perché si credeva si rinvenisse nei nidi del rapace: in realtà si trattava di una limonita argillosa (miscela di idrossi ricchi in ferro), che porta all'interno un nucleo, come un utero gestante; onde l’idea della pietra gravida che le donne incinte portano legata alla coscia o in altra parte del corpo;
• la rana (volgarmente « granula »), che ha la forma di una ranocchia, con cui si toccano le ulceri aftose dei bambini, per farle sparire;
• il laccio o spago della rete, che i marinai sogliono legare alla cintura, sotto la camicia, o al polso, alle caviglie, al collo, contro i dolori artritici;
• il cerchietto di osso (curuja) per eliminare il prurito alle gengive, nel caso di difficile dentizione dei bambini.
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Buccia |
Inserito il - 14/11/2011 : 20:38:19 (5)
Negli scapolari dei contadini si trova frequentemente la pelle che la serpe lascia a primavera - per impedire l'opera del malocchio e delle fattucchiere.
Come al tempo dei Romani, che vedevano nella serpe lo spirito dei Mani, anche i calabresi credono che la serpe incarni l'anima di qualche parente in cerca dei superstiti. (Mani: coloro dai quali si attinge la forza dell'esistenza - gli antenati, non come discendenza fisica ma come concentrazione di energia vitale, da cui il singolo individuo sviluppa la propria coscienza di sé).
Nelle marine e sulle coste gli amuleti sono invece tratti dai pesci, dai crostacei e da altre specie acquatiche. Il pesce nella tradizione popolare figura come simbolo dell'abbondanza. In varie località si suole dire, per augurare il buon esito d'un affare intrapreso: L'occhiu meu èni di pisci: cchiù ti guardu e cchù ti scrisci. Parecchi anni fa, tra i pescatori delle marine calabresi, era in uso come amuleto la sirena d’argento con vari campanelli. Oggi, la sirena, sebbene scomparsa nella sua rappresentazione classica, rivive scomposta negli amuleti a forma di pesce e di campanello.
(...continua) |
Buccia |
Inserito il - 08/11/2011 : 22:14:21 4)
Amuleti antropici molto più singolari sono il “dente del drago” e “l’unghia della gran bestia” - con gli epiteti di «drago» e «gran bestia» nella mitologia popolare calabrese s’indica lo squalo del periodo terziario, i cui denti si rinvengono nei terreni dell’epoca eocenica. Le donne e i fanciulli li sospendono al collo sotto la camicia, in sacchettini.
Oppure l'artiglio dell’aquila, la zanna del lupo, del cinghiale, del maiale, la branca del paguro, del granchio, dell’aragosta e varie conchiglie marine.
Non sono poche le famiglie dei pastori che hanno per il lupo un misto di paura e di riverenza, credendolo di virtù prodigiose. Le sue zanne e la coda sono amuleti pregiati. E talvolta anche la pelle - specie quella della fronte - che ridotta in brandelli, è portata dai pastori della Sila nelle scarpe o nello scapolare. A Cosenza vi è l'uso di imporre al neonato, al fonte battesimale, il nome di Lupo, accanto a quello sacro.
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Buccia |
Inserito il - 06/11/2011 : 20:12:46 (3)
La tradizione popolare ci ha tramandato anche molteplici sistemi per cercare di annullare il Malocchio. E non solo semplici amuleti come il ferro di cavallo, il corno d’avorio o d’argento, il corallo, dei chiodi arrugginiti, del sale grosso in tasca.
Gli amuleti calabresi possono avere carattere preventivo e carattere terapeutico o curativo. In calabria l'uomo estende la profilassi e la terapia anche agli esseri e agli oggetti che gli appartengono – animali, cose e piante utili – e quindi gli amuleti possono essere anche antropici, edilizii, zoologici e botanici.
Gli amuleti antropici si portano addosso per l’integrità della persona e della salute; edilizii sono quelli che si collocano sulle case o sulle pareti o sui mobili - a tutela del nido e degli affetti; zoologici e botanici sono quelli che si adoperano per gli animali, il raccolto e le piante. Tra gli amuleti antropici troviamo oggetti d’osso, d’argento e oro: il gobbetto, il pesce, il cane, il lupo, il crescente lunare, il numero 13, il ferro di cavallo, le corna, la mano con le corna e la mano in fiche. (... continua) |
Buccia |
Inserito il - 05/11/2011 : 12:18:02 (2)
Classico esempio di un Malocchio è quando si esce di casa che si sta benissimo e si ritorna distrutti, con la testa che scoppia, grande confusione, cali di vista, senza più voglia di parlare, con senso di nausea, incapaci di muovere gambe e braccia.
Un proverbio dice: «Occhiu malignu, anima sbinturata». Chi è lodato per le belle fattezze ricorre allo scongiuro: «Fora malocchiu!».
L’affascino colpisce in particolare i ragazzi, che sono esposti più degli altri, per l'inesperienza, ai nefasti effetti delle carezze tra il fascino del bene e il fascino del male, poichè anche gli sguardi di una persona cara, perfino della stessa madre, possono aduggiare un individuo.
A Cetraro, il neonato, non si fa vedere a chicchessia; e, nel caso si consenta a qualcuno di vederlo, il visitatore deve ripetere con la madre: « È bruttu! È malufattu! Prestu more!».
Le donne di Acri, nel metter piede nella camera di una puerpera, sputano tre volte, come ai tempi di Teocrito (che ricorda l'uso nell'Idillio VI) e di Plinio, (che ne riferisce i dettagli nella Storia naturale).
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