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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Gaetano Inserito il - 20/01/2011 : 12:37:37
Tra una settimana si celebrerà la Giornata della Memoria.

Forse non tutti sanno che questo annuale appuntamento è stato istituito in ricordo non solo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico ma anche “dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

A seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943 i militari italiani disarmati dai tedeschi dovettero scegliere se unirsi alla Repubblica Sociale Italiana oppure essere deportati nei campi di prigionia in Germania.

Si calcola che circa 650.000 soldati italiani preferirono la deportazione piuttosto che servire la Repubblica di Salò.

Una volta in Germania, questi prigionieri di guerra furono chiamati “Internati Militari Italiani” (IMI) ma più spregiativamente “Badoglien” ovverossia traditori con tutto il gravoso trattamento che ne seguì (fatto di fame, freddo, lavoro coatto, umiliazioni, violenza e morte).

Su questa pagina non molto nota della nostra storia è stato scritto un libro molto bello ed illuminante: "Gli internati militari italiani - diari e lettere dei nostri militari dai lager nazisti" di Mario Avagliano e Marco Palmieri (Einaudi, 2009).

Non so quanti soldati santagatesi furono coinvolti in questa deportazione, ma sono certo che le file dei “Badoglien” annoveravano mio zio Giovanni, il quale si ritrovò a soggiornare nei campi di prigionia fino alla fine della guerra.

Ne sono testimoni alcune banconote tedesche che ho ritrovato in una scatola di ricordi personali di nonno Gaetano.

Per mio nonno rappresentavano forse il ricordo di uno dei momenti più emozionanti della sua vita: quello dell’insperato ritorno di un figlio che si pensava ormai fosse perito.

Oltre ad alcune banconote, mio zio riportò una sorta di medagliere che orgogliosamente ostentava per le vie del paese.

A chi gli chiedesse dov’era stato prigioniero, rispondeva sempre: “Ca Tu dicu non ci sai!”.

A chi gli chiedesse com’era stato trattato, rispondeva ancora più seccato: “Ca tu dicu non ci cridi!”.

Insomma, avrete certo capito che zio Giovanni aveva un temperamento non molto accomodante.

Quando venne a mancare, l’Associazione Combattenti e Reduci di Cuorgnè, dove si era trasferito con la famiglia, gli tributò grandi onori.



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