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V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Gaetano |
Inserito il - 09/03/2009 : 14:41:11 “Il suo paese era di là dalla montagna, e qua risentiva la primitiva impressione di essere ancora forestiero. Egli non viveva che di là da quel diaframma di monti, attraverso cui gli sembrava di sentire le voci disperse nella sera e il familiare rumore del fiume. Quello e non altro era il suo paese. Una volontà di vita percorreva il suo sangue, e un desiderio di dissolversi nella sua terra. I monti acquistavano le parvenze che egli conosceva; a uno svolto si parò davanti la sua montagna in mezzo agli altri monti: alta, solenne, coi fianchi materni, che era quella e non altra, diversa da tutte quelle che erano intorno, costruita in modo diverso, con tutti i suoi massi lucenti che alle altre mancavano, con le macchie d’alberi che avevano un’animazione diversa da tutti gli alberi del mondo. Babe pensava: “Che cosa farò qui? Chi mi riconoscerà?” Invece lo riconobbero. Da tutte le soglie si staccavano uomini che gli andavano incontro fissandolo. Si ricordavano di averlo visto partire. Sembrava ieri. Nella faccia di tutti quegli uomini ritrovava i caratteri della sua razza con una insofferenza fraterna. Si aprivano le bocche che egli conosceva, gli sguardi che egli sapeva leggere. Vedeva se stesso riflesso in ognuno di loro..” Corrado Alvaro, “Il mare”
Ancora una volta, Alvaro affronta il tema del ritorno.
Questa volta è il protagonista del bellissimo “L’uomo nel labirinto”, quarto ed ultimo racconto de “Il mare” (1934), che vede dissolversi la sua vita, gli affetti, ogni sua aspettativa, nel labirinto inestricabile di una città.
Quando ormai non gli resta che poco da vivere decide di tornare al paese, quasi senza un perché.
Come se salissimo insieme a lui la strada di Belvedere, possiamo immaginare la barriera di montagne dietro la quale sentiamo già Sant’Agata. Poi dopo un po’ di curve appare la nostra Montea “alta, solenne…”.
Quindi la piazza, con le tante persone di cui sappiamo leggere ogni sguardo...
Questo e non altro è il nostro paese.
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6 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
domenico tolve |
Inserito il - 24/03/2009 : 18:49:05 Niente a che vedere con una bella giornata di maestrale che entra dal passo dello Scalone, scende giù per la gola e attraversa tutta la valle dell'Esaro agitando, lievemente, grano ed alberi. Bisogna respirare lentamente! I profumi sono distinti perché il vento è leggero e non rompe il loro involucro. Senza fretta, ginestre e sulla, menta e rosmarino, sambuco e anice, alloro e fieno, oggi come allora, non si confondono. «Senti quanti profumi ha il vento» - dicevano i vecchi - «...C'è tempo perché un temporale li distrugga e li ricomponga o perché, semplicemente, ottobre e novembre, ne portino altri ed altri ancora nelle stagioni successive, fino alle prossima primavera». «Ti voglio portare a S. Agata. Se mi vuoi conoscere devi camminare per i vicoli che mi hanno cresciuto e parlare con la mia gente. Sentirne il vento che non si ferma mai, anche nei giorni di scirocco quando spinge e soffia sopra la sabbia ferma nel cielo. Tutta la mia vita, prima che io partissi, è stata scandita dal suo rumore e da quello del fiume. Ho nella testa i rintocchi della campana, il rumore degli zoccoli degli asini sulle pietre delle stradine e i volti di chi mi conosce da quando sono nato. Vorrei che i miei figli giocassero scalzi, come facevo io, da maggio ad ottobre, e, d'inverno, si lasciassero screpolare le guance dai venti gelidi di levante. Vorrei si addormentassero sicuri della presenza degli altri». …..Il giorno del nostro primo arrivo la strada che risaliva dal mare era accesa di colori che si sovrappongono alle ombre lunghe di questa notte. L'alba rendeva il distacco, tra cielo e mare, inesistente e le montagne si perdevano nella foschia rendendo il paesaggio irreale. Anche allora era primavera e, risalendo, la vallata di Sangineto era ammantata di verde. Il mare, come sempre nelle giornate di maestrale, spariva e ritornava, tra i tornanti, alle nostre spalle con alti ricami bianchi. Poi la vegetazione si impadronì di tutto l'orizzonte e, dopo il passo, spruzzi di giallo e rosso riaffioravano nel verde ed improfumavano gli alberi, alti e maestosi. In alto, sul lato sinistro della montagna, che il fiume aveva tagliato e trasformato nell'inizio della bella vallata che avevo di fronte, mi apparve, all'improvviso la Grotta della Monaca. Immobile come un presagio, il suo silenzio millenario sembrava emettere il respiro di un altro mondo. Dalle profondità più remote di una terra, che mi appariva sinuosa e lenta come i movimenti di una danzatrice orientale, risalivano miti lontani, angosce e magia, una voragine nera nel mondo che non si comprende, fatto di riti e preghiere. Mi chiesi quali segreti nascondesse! Dove stesse andando la mia vita. La grotta rimase dietro di noi, sulla parete rocciosa, sospesa sulla vallata, come un altare, spento dai venti millenari che si fronteggiano e si sfidano o giocano, semplicemente, dentro le pieghe dei monti. Poco dopo intravidi, per la prima volta, Sant’Agata. Mi disse:«Questo è il mio paese!» . Lo disse con orgoglio e amore. Chissà quale altra infinità di pensieri era racchiusa in quelle sue parole! Le montagne, intorno alle case tutte raggruppate su di una rupe, sembravano accoglierci con un abbraccio. Dal giorno della mia nascita, per la prima volta, mi si presentava davanti una scena che non era di indifferenza. Fino ad allora avevo avuto modo di relazionarmi con una umanità di individui a se stanti, cellule animate in spazi anonimi. Il fatto che lo salutassero tutti e il loro modo incuriosito di guardarmi mi dava la sensazione di appartenere a qualcosa. ...da anonimo Anche questo è il nostro paese? |
domenico tolve |
Inserito il - 17/03/2009 : 14:44:40 ...In questo silenzio camminano centinaia di persone, come immagini di un film muto che si proietta da solo, e solo per me, in questa splendida platea. Riprendo il corso, fino al Tunno, solo per un respiro. Sento la presenza di Ida: «Ogni volta che mi cercherai ci sarò!» ed è lì come una volta! «Devo andare a casa» -le dico- Risalgo il corso e riscendo per una delle viuzze laterali. Siamo io ed i miei passi che, finalmente, ritrovano il loro rumore giù per la discesa. I miei passi ed il loro suono secco nella notte, il verso stridulo di una civetta, lungo, acuto,sicuro. Il vento quieto... Annuso l'aria come un animale. Tocco i muri del vicolo, ho bisogno di sentirne le pietre. Giovanni in piedi vicino al suo portone ha appena piantato una vite e mi dice: «Diventerà una pianta alta fino ai balconi, presto, molto presto, prima che sia giorno». Lo saluto e lui continua: «Sono contento che siete tornati, meglio così. Un pezzo di pane vecchio nella propria terra ha più sapore di un banchetto tra gente che non conosci». Io so che ha ragione, che è vero. Che alla fine di tutto resta solo il soffio lieve di ciò a cui apparteniamo. Per questo vorrei dire a quelli che dormono: sono ritornata! «Dolce profumato chiarore di luna, alte cime, vi riconosco...» Come se davvero ci fossi nata in questi luoghi dove il silenzio è grande come il mare che lambisce le due coste e la sua presenza costante è azzurra contro le montagne. Sono ritornata! Dalle strade anonime di Milano a casa mia, dove apro le braccia e le richiudo su ciò in cui ho creduto. Le stringo forte sulle mie cose care. E non mi importa in quale punto dell'ellisse la terra ruota intorno al sole. Sopra di me il cielo è, finalmente, alto. Le sue luci sono distinte l'una dall'altra, infinitamente piccole, ma distinte. Altre, più grandi e luminose, mi indicano il sud. Mi affretto a salire, fin dentro nella mia vita, tra le piante morte sui davanzali. Chiudo la porta, riprendo consistenza, mi rassereno. Guardo dalla finestra il fiume che scorre e l'acqua mi manda riflessi viola. Scorre lento come i miei pensieri… Era solo il mio cuore a parlare! Vorrei che, almeno, i miei figli sapessero ascoltarlo e che riuscissero a vedere, magari solo per una notte, le stesse cose che ho visto io. Vorrei che le mie parole fossero il loro faro, la luce che io ho cercato in tutti quelli che ho incontrato. Vorrei che mi ascoltassero e, come si ascolta una fiaba, si lasciassero cullare dalle mie parole. ...da anonimo. Anche questo è il nostro paese? |
Gaetano |
Inserito il - 11/03/2009 : 19:26:47 Non c'è dubbio, anche leggendo il testo che ci ricorda e ci propone Micuzzo (che ringrazio) ci si sente a Sant'Agata, in questo nostro paese e non in un altro: un ambiente unico per noi e per chi riconosce i tanti "riferimenti" che fanno da sempre parte della nostra geografia, di cui i nostri occhi ed i nostri sentimenti si nutrono da sempre.
E' stupefacente che lo stesso effetto, come mi confermano le parole di Marilena, sia riuscito al "paese universale" di Corrado Alvaro, una sorta di archetipo, radice, quintessenza del nostro sentirci legati ad un luogo più immaginato che vissuto e da cui è impossibile allontanarsi definitivamente.
Il viaggio di Babe (il protagonista) in realtà è quindi una sorta di ritorno al futuro ovvero all'origine di se stesso (la simbologia della "sua" montagna "con i fianchi materni" ne è forse una prova).
In fondo questa potrebbe essere l'unicità e la particolarità di questo profondissimo legame.
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domenico tolve |
Inserito il - 11/03/2009 : 09:23:58 Belvedere è ormai sospesa sul mare. sullo sfondo i monti che costeggiano il golfo sono incastonati nel cielo sereno di questa notte di maggio. Largamente disteso, il Tirreno è tranquillo e disegna un arco più scuro del cielo che è,turchino e trasparente, come una bilia di vetro. Le luci delle case potrebbero rimanere spente per le stelle che posso contare in cielo, mentre percorro la strada che si alza sulla vallata di Sangineto. Si insinua nella montagna, tra sbuffi di pini e rosmarini e ginestre, che sono ombre lunghe nella notte e si moltiplicano tra i boschi, dentro i sentieri resi bianchi dalla luna e si lascia camminare, fino al passo dello Scalone, come il cuore di una madre. Ultimi sguardi lasciati tra cielo e mare, persi verso l'orizzonte; lunghi profumati respiri di resine ed essenze primaverili. Ed infine là, dove la spinta primordiale ha deciso di fermarsi, il fiume, senza tempo, scava nell'altro versante con il fragore di un uragano. Aceri, pioppi e querce si chiudono a volta, mi avvolgono…, i loro rami tra le stelle…, e sono a casa. Profumo di muschi e viole…E' amore! Non faccio fatica a riconciliarmi con Dio. Lo sento nel cuore come la malinconia del tempo che è passato. Il sipario si apre sulla valle dell'Esaro, lo sguardo si ferma sui monti intorno che sono sagome enormi, scure, disegnate nel buio. Sant'Agata appare e scompare tra i tornanti, immota e viva come non mai. Entro nelle sue luci gialle e fioche, giù verso il Camposanto e le Sette Fontane, fino alla Madonnina. La prima piazza da dove si tocca la cima di Montea mi appare, sospesa sulla vallata, come in un racconto di tanti anni fa : «Non ci sono case giù per i fianchi della provinciale e questo piano improvviso tra le montagne dà riposo». ....Da anonimo. Anche questo è il nostro paese? |
carmelo-rossella |
Inserito il - 11/03/2009 : 00:45:52 " MA SE L'ORIZZONTE E' TUTTO D'ORO, E LA MIA GENTE CANTA DURANTE IL LAVORO, MI SENTO NEL CUORE UN GRANDE AMORE PER IL PAESE DOVE SON NATO (A.Daolio G.cortesi)....ciao e grazie gaetano e marilena....carmelo |
marilena |
Inserito il - 10/03/2009 : 21:31:50 Ciao Gaetano, questo ultimo passo di Alvaro è ancora più bello e vero degli altri. Come non sentire familiari questi scenari e profondamene toccanti le parole con cui li descrive.
Ho percorso la strada da Sant'Agata a Diamante per cinque anni, puoi immaginare la bellezza e la varietà di colori e paesaggi delle nostre montagne e poi del mare, che ogni mattina ritrovavo.
E che dire dei lunghi pomeriggi che ancora oggi trascorro con le mie care vecchie zie, sedute "sutta a pirua", ore di chiacchiere ma anche di silenzi, fino a che l'ultimo raggio di sole scompare dietro "a cannicella" e le prime "neglie" delle sera si affacciano.
Questo e non altro è il nostro paese.
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