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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
marilena Inserito il - 30/01/2009 : 10:53:34
Sul sito della Fondazione Corrado Alvaro,segnalato da Gaetano, ho letto queste bellissime parole che vi riporto e che vorrei dedicare a Giovanni Di Rosa, il nostro paeta, che proprio in questi giorni freddi di gennaio di tre anni fa ci ha lasciato.
Senza voler azzardare paragoni, fra lo scrittore ed il poeta, mi sembra di cogliere un qualcosa che li accomuna.

Si perviene ad uno stadio della vita in cui l’uomo si accorge di avere già vissuto.
Avendo le cose perduto il loro potere di rivelazione per l’esaurirsi della fantasia, «gli anni a venire non saranno che l’illuminazione di quelli passati», colorando il presente del loro riflesso. L’infanzia e l’adolescenza e buona parte della giovinezza — scriveva Alvaro in Memoria e fantasia — rappresentano «l’inventario dell’universo, la riserva dei tempi in cui avrà cessato di parlare la fantasia».
È la motivazione per cui il segreto dell’arte — dall’antichità sino ad allora — non è stato se non «il prolungamento delle visioni dell’infanzia e dell’adolescenza. Pittori e scrittori hanno trovato infiniti misteri e popoli interi di figure tra le poche persone del loro paese», o trapiantando il loro mondo originario, con la ricchezza delle sue inquietudini conoscitive e delle sue articolazioni fantastiche, nelle peregrinazioni erratiche in terre diverse e tra i labirinti delle nuove realtà urbane.
Consapevole che con la sua generazione si spegneva tutto un modo di concepire la natura, poiché la civiltà delle macchine stava creando una nuova razza di uomini, un nuovo paesaggio, una nuova estetica, Alvaro concludeva che l’imperativo etico dell’intellettuale, nel trapasso epocale tra due civiltà, è quello di vivere il proprio tempo restando sull’allarme, mentre quello dello scrittore, che vive in esilio l’altra parte della vita, è di continuare a nutrire la propria arte di nostalgia e di desiderio, con le intuizioni dell’infanzia e la leggerezza delle memorie che si riaccampano vive e vere dal contatto con una realtà irrimediabilmente diversa, dal quale promana la loro intriseca felicità.

Prof. Aldo Maria Morace

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