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 Agorà di Santagataviva
 Nuova monografia - anticipazioni -

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Gaetano Inserito il - 24/07/2007 : 14:12:49
Tra gli appuntamenti della nostra prossima festa è prevista la presentazione di un numero speciale delle monografie di santagataviva.

Il tema affrontato non è dei più semplici ed è relativo alla ripartizione della proprietà terriera a partire dalla metà del settecento e fino alla seconda guerra mondiale.

Il taglio non è specialistico e credo possa offrire molti spunti d'interesse ai lettori. Vogliamo qui anticiparne qualcuno.

L'organizzazione dell'agricoltura santagatese si differenziava in maniera evidente rispetto a quella degli altri paesi della zona sopratutto per un più massiccio ricorso alla figura dei "coloni", cioè di famiglie di contadini (il cui capofamiglia veniva spesso associato alla figura del c.d. "parsunale") che si stabilivano fisicamente nei fondi coltivati di proprietà dei grandi possidenti.

Negli altri paesi era più frequente il ricorso invece ai braccianti che venivano assunti "alla giornata".

Questo da noi garantiva una maggiore stabilità e continuità nella conduzione dei fondi ed una quasi identificazione delle stesse famiglie interessate con i relativi fondi (pensiamo a quanti soprannomi ne sono derivati).

Questo fenomeno testimonia altresì come da un dato momento in poi, riteniamo dalla seconda metà dell'ottocento in poi, sia diventato possibile e sicuro "colonizzare" diffusamente le campagne intorno al paese.

Se si osservano i resti del "casino rosso" (cimitero) costruito solo qualche decennio prima da Angelo Maria Servidio sono evidenti le feritoie per un'eventuale difesa armata. Peraltro, non è leggenda che ad una certa ora si chiudevano addirittura le porte del paese!

Al di là delle stesse contrade, la presenza di tanti fabbricati rurali ad uso dei coloni in zone anche distanti dal centro abitato è davvero rimarchevole.

Molti di essi sono andati purtroppo perduti per via dei lavori dell'invaso: pensiamo ad esempio alle splendide "turre" dell'Ing. Polillo alle Frasse o quelle "du nutaru" alla "fontana".

Molte ancora resistono, seppure semi-diroccate.

Nel caso si volesse davvero avviare un discorso serio sull'agriturismo, il recupero architettonico di queste importanti testimonianze del passato dovrebbe essere opportunamente considerato, magari attraverso la presentazione di un vero e proprio piano di recupero nelle sedi competenti.

Pochi paesi possono vantare un patrimonio rurale così vario e diffuso ed in alcuni casi anche stilisticamente gradevole.


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