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 Agorà di Santagataviva
 Sit-in per i cantieri Diga

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Profilo Utente n/a Inserito il - 30/03/2007 : 18:52:49
Questi sono i testi degli articoli che usciranno domani, a mia firma, su La Provincia cosentina.
Credo che servono per far capire a che punto è la vicenda.
Saluti a tutti

Sit in Diga, disperazione per un futuro che non c’è

S. AGATA D’ESARO

“Oggi sembra tanto l’isola che non c’è”. Come dire: è lì, a portata di mano, e non si può toccare. Niente di più vero se il tutto è riferito ai cantieri della Diga sull’Alto Esaro che da oltre quindici giorni sono sequestrati. Ed i cui lavoratori – o almeno la gran parte di loro – insieme ai sindacati di categoria ne hanno richiesto ieri mattina la riapertura. Ma – fra il dire ed il fare – in mezzo c’è un mare chiamato sequestro. È un macigno che pesa, eccome. E se è vero che “Il pane non ha colore politico”, come riportava il solo cartello che ha fatto capolino fra gli operai, è altrettanto vero che su questa vicenda, si è tergiversato tanto, forse troppo, prima di prendere delle decisioni (forse) imprescindibili tra un passato chiamato “contenzioso” ed un futuro chiamato “lavoro”.
“La prima cosa che chiediamo è la sensibilità dei giudici, della regione, della Sorical, che dialogano tra loro e la prima cosa da fare e che devono dissequestrare questa area perché noi dobbiamo tornare a lavorare. I debiti si pagano e quello che chiediamo è solo questo. In un anno e mezzo sono due i licenziamenti avuti: a Natale 2005 ed a Pasqua 2007”. Questa la voce di uno dei primi operai, anche davanti ai microfoni di Rai3 Calabria. “Ribadiamo la massima fiducia nella Magistratura – riprende un altro operaio – però come lavoratori chiediamo urgentemente il dissequestro totale del cantiere, perché solo cosi si può ridare serenità alle nostre famiglie. Oltretutto un cantiere sequestrato costa dei soldi e non possiamo permettere ciò: con gli stessi soldi vogliamo tornare a lavorare”.
Al momento, del cantiere, se ne ha un uso parziale. E su ciò interviene Enzo Pelle, segretario della Filca-Cisl “Non avendo avuto incontri né con la Torno, né con Sorical, abbiamo notizia che possono essere effettuate opere specialistiche e che alla fine riassorbiranno poche unità lavorative. Con questo non si risolve il problema occupazionale ed è chiaro che c’è questo dissenso nei lavoratori: c’è un cantiere fermo e quindi sperpero di denaro, una valle sventrata ed ancora non sappiamo cosa vorrà fare la stazione appaltante”.
Davanti al cantiere, ieri mattina, oltre ai lavoratori licenziati dalla Torno, c’erano anche molte aziende subappaltanti (consorzio Cosam). E c’erano i rappresentanti sindacali Enzo Pelle e Franco Ventarola (Filca-Cisl); Giuseppe Guido (Fillea-Cgil) e Bruno Marte (Feneal-Uil), cosi come i due vicesindaci, Claudio Marsico (Sant’Agata) e Michele Iannuzzi (Malvito). Si contava anche qualche donna, ma mancavano le popolazioni. Il rammarico, allora, è che forse c’era bisogno di una mobilitazione ancora più massiccia per scuotere, una volta per tutte, le coscienze di tutti.
Alessandro Amodio


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Le prossime iniziative per il cantiere Diga

S. AGATA D’ESARO

Lunedì 2 aprile si attende la sentenza del Tribunale del Riesame a cui la Regione si è rivolto dopo il sequestro del cantiere avvenuto lo scorso 15 marzo. Mercoledì 4 aprile, il sit-in si sposta sotto la Sorical a Catanzaro, con sindacati e lavoratori. Tra martedì 10 e mercoledì 11 aprile, l’Impresa Torno riceverà i sindacati ed una delegazione di lavoratori licenziati. Questi i prossimi tre appuntamenti per cercare di sciogliere qualche piccolo nodo di una vicenda che definire intricata è poco. “La Sorical deve dirci quello che intende fare per sbloccare i cantieri, perché a noi c’è stato sempre detto che si sta lavorando con progetti ex-novo. Con ciò rivendichiamo, con forza, la problematica sociale che sta investendo i lavoratori e tutto il territorio”. Le dichiarazioni sono di Bruno Marte (Feneal-Uil) che si attende delle risposte. Sul discorso progetti, purtroppo, va a cozzare anche uno dei capi d’accusa (appropriazione indebita) che ha fatto scattare il sequestro, ovvero l’utilizzo di progetti che non sono della Regione Calabria, e che oltretutto non sono stati pagati facendo inasprire il contenzioso con la Prass e la propria curatela fallimentare. Ma il discorso se vogliamo è ancora più generale. E sicuramente, ieri mattina i sindacati erano sul cantiere a protestare “per i licenziamenti in corso – ha riferito Giuseppe Guido (Fillea-Cgil) – e per la situazione di disagio poiché, al momento, non è neanche possibile attivare ammortizzatori sociali per i lavoratori. Il sit-in ha, però, una valenza ancora più importante poiché stiamo manifestando per l’opera, perché se qui non si arriva ad un dissequestro dell’area, prima o poi, su questa vicenda si arriverà, purtroppo, alla chiusura del cantiere, con tutte le conseguenze sociali ed ambientali. La nostra idea, che deve essere suffragata dai giusti pareri legali è questa: non si può proseguire l’indagine in continuità di lavori?”. È un’altra delle risposte che deve dare chi di competenza.
A. A.


2   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Profilo Utente n/a Inserito il - 01/04/2007 : 12:48:04
Sulla stregua delle esternazioni fatte dall'ex sindaco Tolve, ecco l'articolo pubblicato a mia firma, oggi, a pagina 16, de La Provincia cosentina di oggi 1° aprile 2007

Domenico Tolve interviene nel dibattito dopo la chiusura dei cantieri
L'ex sindaco sulla Diga sequestrata
"Torno ha tutelato il suo profitto"


S. AGATA D’ESARO

“Quanto è successo non mi ha colto di sorpresa”. Inizia così la disamina di Domenico Tolve, sindaco di S. Agata dal ’95 al 2004, sulla vicenda della Diga Alto Esaro. “Qualsiasi persona di buon senso – prosegue – aveva previsto questo drammatico epilogo, poiché non c’era bisogno del mago per capire che la Sorical tutelava i suoi interessi e che la società Torno, appaltatrice dei lavori, il suo profitto”.
Secondo Tolve, quindi, “Era compito delle Istituzioni, in primis la Regione, salvaguardare le popolazioni, il lavoro degli operai, l’ambiente, il territorio, lo sviluppo del comprensorio”. Ma, purtroppo, “siamo rimasti in pochi a denunciare i limiti e l’inadeguatezza dell’azione politica, istituzionale e sindacale di fronte all’arroganza ed alle minacce di definitivo abbandono dell’opera da parte di Sorical e Torno”. E “dopo le grandi lotte unitarie per il finanziamento del completamento della Diga, inspiegabilmente, è venuto a mancare il necessario coordinamento tra istituzioni, il sindacato e forze politiche”. Il pensiero di Tolve va alla “sentenza del Tribunale di Catanzaro per la proprietà dei progetti, che invece di spingere alla mobilitazione unitaria per chiedere la riapertura dei cantieri costringendo la Regione a rimuovere ogni ostacolo che impediva la continuità dei lavori, ha fatto accettare, supinamente, il ricatto della riapertura parziale”. E queste, purtroppo, “erano le condizioni dettate dalla Torno”. Che hanno portato “al riconoscimento del pagamento di riserve per parecchi milioni di euro (quasi 10?), alla riassunzione di pochissima manodopera che avrebbe, poi, utilizzato per lavori marginali e non, invece, per assolvere agli obblighi contrattuali che prevedevano la messa in sicurezza, (in primis il getto di fondazione!), funzionali al completamento dell’opera”.
Ne è conseguita la “divisione tra gli operai, l’allontanamento del direttore dei lavori ing. Trevisan, l’isolamento delle persone che si erano battute per un altro percorso”.
E come atto conclusivo l’affondo finale di Sorical: “L’idea di un nuovo progetto, che ha significato la parola fine alla costruzione dell’invaso”. Il resto – per Tolve – “è cronaca recente, poiché sul cantiere è calato l’oblio”. Senza dimenticare che alla totale (o quasi) “assenza di informazione”, sono seguite “scelte scellerate” nelle quali la Giunta Regionale, “nella rimodulazione dell’Apq (accordo di programma quadro), ha spostato il finanziamento dell’opera (70milioni di euro) sulla delibera Cipe 35/05 con la motivazione che entro il 31 dicembre 2007 non esistevano le condizioni per cantierare l’opera”. Leggendo la delibera non sfugge, però, che “non si fa più cenno ai 50milioni di euro a carico di Sorical, previste nella delibera 933/05 e, soprattutto, che la somma di 70milioni di euro viene inglobata nel “Ciclo integrato delle acque” (a disposizione, quindi, di Sorical)”. Ecco perché – per Tolve – “è venuta fuori la proposta di costruire, prioritariamente, la galleria di derivazione nella quale incanalare l’acqua del fiume Esaro ed immetterla nell’acquedotto Abatemarco che fornisce l’acqua al comune di Cosenza”. Tolve, invece, ritiene che “sia giunto il momento di chiedere alla Giunta Regionale di esercitare un effettivo e trasparente controllo sulle attività di Sorical, sugli impegni previsti dalla convenzione, sulle garanzie fornite da questa società, sugli investimenti di capitali propri, sui bilanci e sulle reali ricadute di sviluppo per i territori”. Ed ai cittadini del comprensorio dell’Esaro, ai partiti, alle forze sociali rivolge “un accorato appello affinché ritrovino le ragioni dell’unità, della partecipazione democratica alle scelte da compiere”, confidando sempre “nell’indagine della Magistratura per fare piena luce sulle oscure vicende che hanno portato alla chiusura dei cantieri, all’allontanamento della direzione lavori, al licenziamento degli operai, alla successiva ed incomprensibile riapertura parziale dei lavori, perché è ora di finirla con una telenovela che dura da ben trent’anni”.
domenico tolve Inserito il - 31/03/2007 : 12:36:38
Quanto è successo non mi ha colto di sorpresa. Qualsiasi persona di buon senso aveva previsto questo drammatico epilogo. Non c’era bisogno del «MAGO» per capire che la SORICAL tutelava i suoi interessi e che la società TORNO, appaltatrice dei lavori, il suo profitto.
Era compito delle Istituzioni, in primo luogo della Regione, salvaguardare e difendere le popolazioni, il lavoro degli operai, l’ambiente, il territorio, lo sviluppo del comprensorio.
Siamo rimasti, purtroppo, in pochi a denunciare i limiti, l’inadeguatezza e gli errori dell’azione politica, istituzionale e sindacale di fronte all’arroganza ed alle minacce di definitivo abbandono dell’opera da parte di Sorical e Torno.
Dopo le grandi lotte unitarie per il finanziamento del completamento della Diga è venuto, inspiegabilmente, a mancare il necessario coordinamento tra le istituzioni, il sindacato, le forze politiche.
La sentenza del Tribunale di Catanzaro relativa alla proprietà dei progetti, invece di spingerci, unitariamente, a mobilitarci per chiedere la riapertura dei cantieri costringendo la Regione a rimuovere ogni ostacolo politico, burocratico ed amministrativo che impediva la continuità dei lavori abbiamo accettato, supinamente, il ricatto della riapertura parziale.
Erano le condizioni dettate dalla Torno. E cioè: il riconoscimento del pagamento di riserve per parecchi milioni di euro (quasi 10?), la riassunzione di pochissima manodopera che avrebbe, poi, utilizzato per lavori marginali e non, invece, per assolvere agli obblighi contrattuali che prevedevano la messa in sicurezza, (in primis il getto di fondazione!), funzionali al completamento dell’opera.
Ne è conseguita la divisione tra gli operai, l’allontanamento del direttore dei lavori Ing. Trevisan, l’isolamento delle persone che si erano battute per un altro percorso.
E come atto conclusivo l’affondo finale di Sorical e company: L’idea di un nuovo progetto che ha, di fatto, significato mettere la parola “FINE” alla costruzione dell’invaso.
Il resto è cronaca recente! E’ calato l’oblio sul cantiere! Sono stati licenziati, per scadenza contrattuale, gli operai a tempo determinato, riassunti sotto le elezioni.
Totale assenza di informazione. E fatto ancora più grave, e conseguente a queste scelte scellerate, la Giunta Regionale, nella rimodulazione dell’APQ (accordo di programma quadro), ha spostato il finanziamento dell’opera (70 milioni di Euro) sulla delibera Cipe N. 35 del 2005 con la motivazione che entro la data del 31 Dicembre 2007 non esistevano le condizioni per cantierare l’opera.
Leggendo tale delibera non sfugge che non si fa più cenno ai 50 milioni di Euro a carico della Sorical, previste nella delibera della Giunta Regionale N.933 e, soprattutto che la somma di 70 milioni di Euro viene inglobata nel “Ciclo integrato delle acque” (a disposizione, quindi, di Sorical!) e con la dicitura generica «Interventi sulla Diga dell’Esaro!) e non, invece, come era inizialmente previsto, « Costruzione della Diga dell’Esaro ».
Tutto questo è preoccupante in quanto, a mio avviso, la Sorical persegue obbiettivi economici immediati, a breve e non a lungo termine, che può realizzare dalla vendita dell’acqua e non dalla costruzione della Diga.
Ecco perché è venuta fuori la proposta di costruire, prioritariamente, la galleria di derivazione nella quale incanalare l’acqua del fiume Esaro ed immetterla nell’acquedotto Abatemarco che fornisce l’acqua al comune di Cosenza.
Credo sia giunto il momento di chiedere alla Giunta Regionale della Calabria di esercitare un effettivo e trasparente controllo sulle attività della Sorical, sugli impegni previsti dalla convenzione, sulle garanzie fornite da questa società, sugli investimenti di capitali propri, sui bilanci e sulle reali ricadute di sviluppo per i territori.
In particolare, le istituzioni locali dovrebbero porsi l’obbiettivo, come ha fatto l’Amministrazione provinciale di Cosenza, della costituzione di una società di gestione ( come Cosenza acque!) a totale controllo pubblico, essendo l’acqua un bene di tutti i cittadini.
Ai cittadini del comprensorio dell’Esaro, ai partiti politici, alle forze sociali rivolgo un accorato appello affinché ritrovino le ragioni dell’unità, della partecipazione democratica alle scelte da compiere e, soprattutto, ad alzare lo sguardo verso l’orizzonte dello sviluppo del territorio, rifuggendo le stupide tentazioni del localismo e dei particolarismi che sono stati la vera causa delle sconfitte dei lavoratori.
Confido nell’indagine della Magistratura per fare piena luce sulle oscure vicende che hanno portato alla chiusura dei cantieri, all’allontanamento della direzione lavori, al licenziamento degli operai, alla successiva ed incomprensibile riapertura parziale dei lavori. E’ l’ora di finirla con una telenovela che dura da 30 anni! Chiedo un riavvio trasparente e definitivo del completamento della diga con la riassunzione di tutta la manodopera (oltre 150 maestranze!) colpevolmente dimenticati ed abbandonati al loro destino. Indugiare ulteriormente su battaglie di retroguardia senza guardare agli interessi generali della comunità sarebbe la definitiva sconfitta di tutta la classe politica (locale e regionale).





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